
Metallo imperfetto, intricato e artigianale. Foto by Gustavo Adrián Salvini
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- Il valore dell’origine umana.
- Definire HaaS: il valore di un’origine unica.
- Perché sentire il bisogno della Singolarità Umana?
- La ricerca di autenticità e l‘“Aura” dell’origine.
- Abbracciare l’imperfezione come firma della singolarità.
- I limiti della creatività e della comprensione dell’IA.
- Cognizione incarnata: la singolarità ancorata al corpo.
- Esperienza soggettiva (Qualia): il cuore della singolarità.
- Intenzionalità originale.
- Sussurri dal profondo: l’anima come essenza della singolarità umana.
- Perché sentire il bisogno della Singolarità Umana?
- Conclusione: Tessere una narrazione per HaaS.
Il valore dell’origine umana.
Nella mia riflessione precedente su “IA e Orgoglio Umano”, ripensavo con affetto e un po’ di nostalgia a quelle serate passate tra mate e programmazione, a quella profonda soddisfazione che provavamo nel dire: “Ehi, questo l’abbiamo fatto noi!”.
Quell’orgoglio, che andava oltre il semplice risultato, nasceva dal processo, dalla collaborazione, dalla certezza che fosse il frutto del nostro sforzo collettivo, dall’unione delle nostre menti e delle nostre mani al lavoro, dall’interazione tra persone.
Oggi, l’intelligenza artificiale si sta diffondendo ovunque, generando testi, immagini, video e codice con una velocità e dimensioni mai viste prima.
Ma cosa succede quando l’origine umana di ciò che consumiamo si fa più sfocata, diventando un mix algoritmico di contenuti che già esistono?
L’originalità è un bene sempre più raro.
Mentre scrivevo queste righe, ho pensato ingenuamente di aver inventato una parola nuova, ma mi sbagliavo. È chiaro che in tanti stiamo arrivando a idee simili nello stesso momento.
Per un attimo ho pensato di aver coniato “HaaS”, nel mio caso come acronimo di “Human as a Singularity” (Umano come Singolarità). Non nel senso tecnologico della singolarità di cui parla Ray Kurzweil, ma in un senso più filosofico: l’idea che ogni essere umano sia un punto di origine unico e irripetibile, una singolarità di coscienza, esperienza e intenzione. Ed è proprio quel singolare punto di origine umano a dare un valore unico e profondo a una creazione o a un servizio, qualcosa che l’IA, per definizione, non può imitare. Certo, ho poi visto che altri usano da tempo lo stesso acronimo, ma per “Human as a Service”.
Stiamo forse iniziando a vedere un futuro in cui, al di là dell’efficienza degli algoritmi, cercheremo con intenzione proprio ciò che nasce da una singolarità umana?
In questo post provo a esplorare perché l’origine umana potrebbe essere la vera chiave del valore di domani.
Lo scenario di oggi: dall’efficienza del SaaS alla domanda sull’origine.
Oggi, lo scenario è dominato dal Software as a Service (SaaS). Questo modello ci dà accesso a software via Internet, risparmiandoci l’installazione e la manutenzione sul nostro dispositivo. Il suo successo sta nell’efficienza, nella scalabilità e nell’accessibilità. Dai CRM agli strumenti per la produttività, il SaaS è dappertutto.
L’Intelligenza Artificiale ha dato una grande spinta a questo modello, aggiungendo automazione, personalizzazione e analisi predittive, e punta a portare l’efficienza a livelli mai visti. Eppure, proprio questa diffusione così massiccia dell’IA, dentro e fuori il SaaS, sta creando una certa inquietudine, una specie di “stanchezza” che va oltre la semplice efficienza. L’IA non si limita più a migliorare i processi: genera contenuti, prende decisioni ed entra in campi che prima pensavamo fossero solo umani.
L’ansia che ne deriva non riguarda solo la paura di perdere il lavoro, anche se è una preoccupazione più che legittima sia per i lavori manuali che per quelli intellettuali. Riguarda anche questioni più profonde: l’opacità degli algoritmi, la difficoltà di contestare un errore, i pregiudizi che continuano a generare discriminazione, la perdita della privacy, la concentrazione di potere e un senso generale di disumanizzazione.
In fondo, quello che sembra in gioco è il nostro legame con l’origine umana.
Quando usiamo un contenuto o ci affidiamo a una decisione generata dall’IA, spesso manca la sicurezza di un punto di partenza umano, unico, con la sua storia, il suo contesto, la sua intenzione. L’efficienza dell’algoritmo, per quanto utile, può sembrare vuota, non autentica. È questo mettere in discussione l’origine e l’autenticità di ciò che ci circonda, questo dubbio se stiamo interagendo con una creazione genuina di una persona o con una simulazione sofisticata, che potrebbe portarci a cercare alternative come HaaS (Human as a Singularity). Quella “stanchezza” è, in fondo, una voglia di riconnettersi con la fonte umana.
Echi del passato: la ricerca dell’origine umana.
La storia è piena di movimenti che, in un modo o nell’altro, hanno reagito alla spersonalizzazione o alla perdita di un legame con un’origine umana concreta e piena di significato. Questi esempi ci suggeriscono che una tendenza verso HaaS (Human as a Singularity) non sarebbe strana, ma piuttosto il ripetersi di una costante ricerca di valore nella fonte umana.
Il Movimento Arts and Crafts fu una reazione alla produzione industriale di massa, vista come senz’anima e di scarsa qualità. Incoraggiava l’artigianato, l’onestà dei materiali e l’idea che un oggetto dovesse riflettere l’integrità e il talento del suo creatore. Si cercavano oggetti che avessero un’origine chiara: la mano e l’intenzione di un artigiano.
I Ludditi, che non si limitavano a distruggere le macchine, difendevano il valore del proprio mestiere, un sapere costruito in anni di apprendistato e pratica. Lottavano contro un sistema che svalutava l’origine della loro abilità e la loro autonomia come lavoratori specializzati.
Il movimento Slow Food è nato come risposta all’omologazione e alla velocità del fast food. Promuove cibi che hanno un’origine locale e tradizionale, dando valore alla biodiversità, a pratiche di lavoro eque e al legame diretto tra chi produce (l’origine umana) e chi consuma.
Il ritorno del vinile nell’era digitale mostra il desiderio di qualcosa di tangibile e di un’esperienza di ascolto più intenzionale. Il disco fisico dà un’origine concreta alla musica, e l’atto stesso di ascoltarlo diventa un rito che ci lega in modo più diretto all’opera e, quindi, all’artista (la sua origine).
L’artigianato contemporaneo cerca autenticità e qualità come alternativa alla produzione di massa. Si apprezza il “tocco umano”, la storia dietro l’oggetto che ci parla del suo creatore, e l’unicità che nasce da un’origine non industriale.
In tutti questi esempi, vediamo una rivalutazione dell’origine. Che sia la mano dell’artigiano, la tradizione di un luogo, la fisicità di un oggetto o l’abilità di un lavoratore, ciò che si cerca è un legame con una fonte umana unica e autentica, in contrasto con ciò che è generico, massificato o puramente funzionale. L‘“imperfezione”, spesso apprezzata in questi contesti, diventa una firma, il marchio inconfondibile di quell’origine umana.
HaaS (Human as a Singularity) si inserisce proprio qui: nella ricerca del valore che si trova in una fonte umana irripetibile.
Definire HaaS: il valore di un’origine unica.
Se il SaaS si concentra sul fornire funzionalità in modo efficiente, HaaS (Human as a Singularity) si concentrerebbe sul valore che nasce direttamente dall’origine umana, unica e irripetibile, di un servizio o di una creazione. La “Singolarità” qui non è tecnologica, ma esistenziale: ogni persona come centro irriducibile di coscienza, esperienza, prospettiva e intenzione.
HaaS non è un semplice ritorno al “fatto a mano”, ma significa riconoscere e dare valore al fatto che certe qualità possono nascere solo da una precisa fonte umana. Mentre il SaaS rende il fornitore astratto, HaaS metterebbe al centro il legame con quella fonte: l’abilità specifica, la creatività, l’empatia, il giudizio basato su una vita vissuta, l’interazione diretta e l’autenticità che nascono da quell’origine unica. Il valore non sta solo in cosa si riceve, ma soprattutto in da chi arriva e in come quella singolarità si esprime.
Questa idea è in linea con la filosofia del craftsmanship (maestria artigianale). L’artigiano non è solo un tecnico bravo; è una singolarità che lascia il suo segno nell’opera. Il suo lavoro presuppone una motivazione personale, un impegno profondo, un apprendimento che non si ferma mai e un legame riflessivo tra la sua vita (la sua singolarità) e ciò che crea. Vedo questo HaaS anche come un servizio dove la visione personale e il giudizio esperto, tipici della singolarità umana, sono tenuti in altissima considerazione.
HaaS si lega anche al valore psicologico del “fatto da umani”. Tendiamo a preferire prodotti di origine umana, specialmente quelli con un forte valore simbolico. Associamo il “fatto a mano” all’autenticità, alla sapienza e alla “dedizione” o all‘“amore” di chi lo ha prodotto, sentendo un legame diretto con la persona unica che lo ha creato.
In HaaS, il “servizio” è l’espressione di quella singolarità; non è una funzione astratta come nel SaaS, ma un’interazione o una creazione che porta il marchio inconfondibile della sua origine umana.
Perché sentire il bisogno della Singolarità Umana?
Se HaaS (Human as a Singularity) è una possibile direzione per il futuro, quali aspetti fondamentali della nostra natura, che l’IA non può imitare, la sosterrebbero?
La ricerca di autenticità e l‘“Aura” dell’origine.
In un mondo pieno di copie generate dall’IA, sentiamo il bisogno di ciò che è autentico: qualcosa che sia fedele alla sua origine. L’autenticità è legata alla nostra autonomia e alla nostra ricerca di senso. Walter Benjamin parlava dell‘“aura” dell’opera d’arte originale, quella sua presenza unica e irripetibile legata alla sua storia e origine. La riproduzione tecnica, e potremmo estendere il concetto alla generazione tramite IA, indebolisce questa aura perché scollega l’opera dalla sua origine singolare. HaaS offrirebbe proprio questo: un prodotto o un servizio con l‘“aura” intatta della sua origine umana.
Abbracciare l’imperfezione come firma della singolarità.
Filosofie come il Wabi-Sabi giapponese ci insegnano ad apprezzare l’imperfezione, i segni del tempo e l’asimmetria come prova di autenticità. Il Kintsugi, l’arte di riparare la ceramica valorizzando le crepe con l’oro, celebra le “cicatrici” come parte della storia unica dell’oggetto. Queste filosofie trovano la bellezza in ciò che si allontana dalla perfezione idealizzata. L’IA tende a ottimizzare e a eliminare le variazioni. HaaS, al contrario, accetterebbe, e anzi, darebbe valore all‘“imperfezione” come la firma unica e irripetibile della persona che l’ha originata, un marchio della sua autenticità.
I limiti della creatività e della comprensione dell’IA.
La creatività umana nasce dall’unicità della nostra coscienza, dalle emozioni, dalle esperienze che abbiamo vissuto e dal nostro desiderio di esprimerci. È intuitiva, spesso spontanea e legata a una nostra comprensione profonda del mondo.
La “creatività” dell’IA di oggi è essenzialmente combinatoria, basata sull’analisi di schemi in dati che già esistono. Le manca l’esperienza vissuta, l’emozione vera, l’autocoscienza e la comprensione del significato che sono tipiche della singolarità umana.
L’IA non “capisce” il contesto, l’ambiguità, l’umorismo o la cultura come facciamo noi. Può simulare empatia, ma non può provarla. L’IA può essere uno strumento per la singolarità umana, ma non può essere quella singolarità.
Cognizione incarnata: la singolarità ancorata al corpo.
La nostra mente e il nostro modo di capire il mondo sono legati in modo indissolubile al nostro corpo e a come interagiamo con ciò che ci circonda. La cognizione è incarnata (embodied). Questa esperienza fisica è fondamentale per la prospettiva unica di ogni persona. L’IA, non avendo un corpo biologico e l’esperienza di vita che ne deriva, non condivide questa base essenziale della nostra singolarità. HaaS nasce da esseri incarnati, la cui prospettiva è modellata da questa realtà.
Esperienza soggettiva (Qualia): il cuore della singolarità.
L’esperienza umana ha una sua qualità soggettiva, irriducibile: il “come ci si sente” a provare qualcosa. Questi qualia (la rossezza del rosso, il dolore, il sapore di qualcosa) sono l’essenza della nostra coscienza.
L’IA elabora informazioni, ma le manca questa genuina esperienza soggettiva.
L’arte, spesso, è un tentativo di comunicare i qualia dell’artista, l’essenza della sua singolarità.
Un servizio HaaS offre un’interazione con una fonte che ha questa dimensione soggettiva.
Intenzionalità originale.
I nostri pensieri sono per loro natura rivolti a qualcosa. Questa “direzionalità” è l’intenzionalità. John Searle fa una distinzione tra l’intenzionalità originale, che è propria della mente umana, e quella “derivata” di strumenti come il software o l’IA, un’intenzionalità che siamo noi a dare loro.
L’IA non ha una sua “intenzionalità” originale verso il mondo.
Sussurri dal profondo: l’anima come essenza della singolarità umana.
Quando parliamo dell’anima di una creazione umana, specialmente se la confrontiamo con l’IA, parliamo di quella qualità quasi impalpabile che sembra catturare l’essenza unica della sua origine umana. Un’opera “con un’anima” ci trasmette autenticità, emozione, l’intenzione e la prospettiva irripetibile di chi l’ha creata. La sentiamo “viva” perché ci connette con la persona che l’ha originata. Un’opera “senz’anima” viene vista come generica, meccanica, senza quel tocco personale.
Questa “anima” metaforica è il riflesso che possiamo percepire della coscienza, dei qualia e dell’intenzionalità originale della singolarità umana che crea. È lo specchio di una mente incarnata che interpreta e dà forma al mondo dalla sua prospettiva unica.
Conclusione: Tessere una narrazione per HaaS.
Abbiamo visto come l’efficienza del SaaS e dell’IA generativa ci spinga a interrogarci sul valore dell’origine delle cose. La proposta di HaaS (Human as a Singularity) nasce come risposta a questa preoccupazione, non per rifiutare la tecnologia, ma per riaffermare il valore unico che si trova nella fonte umana.
La storia ci insegna che ci sono schemi che si ripetono, momenti in cui la società cerca di ritrovare un legame con origini autentiche e significative per contrastare la massificazione o la spersonalizzazione.
HaaS si inserisce in questa linea di pensiero, suggerendo che la coscienza, l’esperienza soggettiva, la cognizione incarnata, l’intenzionalità originale e la creatività che nascono da ogni singolarità umana sono insostituibili e saranno una fonte di valore sempre più cercata. L‘“imperfezione” diventa la firma di questa unicità, e l’anima la metafora della sua essenza.
Un futuro che accoglie HaaS non sarebbe un passo indietro, ma un’evoluzione consapevole verso la valorizzazione dell’origine. Ci farebbe riconoscere che, accanto all’efficienza degli algoritmi, c’è un valore profondo – un valore “premium”, se vogliamo – in quello che può nascere solo dall’unicità irripetibile di una mente e di un’esperienza umane.
Grazie per la lettura.